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Luna Cenere . Genealogia - Zoe ph Estevan Reider Vantees
luglio/agosto 2019 n.287 Danza&Danza Magazine

Carmelo Zapparrata

danzaedanzaweb.com

Esplora ogni anfratto del corpo, spogliandolo da tutti gli orpelli. È Luna Cenere, autrice tra le più interessanti del panorama nazionale Under35 che si è fatta notare grazie ai suoi assoli, chiari nelle forme ma nutriti da profondi rimandi alla sociologia e all’antropologia, sue grandi passioni. Con alle spalle collaborazioni con Anton Lachky/Les Slovaks Collettive , Simone Forti e la militanza nella Compagnia Virgilio Sieni, si dedica adesso a sviluppare la propria cifra dividendosi tra la natia Napoli e la prediletta Bruxelles, città in cui vive. “Artista associata” al Festival Oriente Occidente per il biennio 2019-2020, siamo andati ad incontrarla.

Luna Cenere, da dove è scaturita l’esigenza di essere autrice?

La parola “esigenza” è proprio quella giusta. In passato dicevo a me stessa che non avrei mai fatto la coreografa, volevo essere sempre un’interprete. Il mio primo assolo Kokoro è stato proprio una rivelazione con cui ho scoperto le mie stesse capacità. Racchiude tutto il mio percorso che ho rielaborato attraverso un processo di sottrazione. Non avrei mai voluto fare la coreografa e adesso non riesco a fare nient’altro (ride).

Un interprete può essere altrettanto creativo come un autore o no?

Assolutamente sì, l’interprete è creativo! Soprattutto oggi i lavori nascono proprio dal dialogo con l’interprete. Vi è sempre uno spazio di creatività lasciato all’interprete e spesso l’idea di partenza viene elaborata insieme con l’autore. E qui è fondamentale mettersi in gioco. Da interprete ricordo che gli autori mi chiedevano di essere un corpo-mente creativo. Il coreografo mette a disposizione dell’interprete una visione per percorrerla insieme a lui, facendogli da guida.

A cosa sta lavorando in qualità di artista associata al Festival Oriente Occidente?

A un progetto biennale sul concetto di corpo-paesaggio con cui voglio trovare il mio tratto personale. Si intitola Genealogia e attraverso varie azioni sul territorio coinvolge vari cittadini, amatori e non. Per quest’edizione di Oriente Occidente presento un primo studio Zoé. Appunti sulla Nuda Vita sulle musiche composte per l’occasione da Gerard Valverde Ros, con cui collaboro da tempo. In questo primo studio divido la scena con altri quattro performer professionisti per mostrare dove siamo arrivati con la nostra ricerca. Nel 2020 per la chiusura dell’intero progetto andremo in scena tutti, professionisti e cittadini/amatori insieme, con il lavoro conclusivo Genealogia. Al momento con i quattro performer, da me selezionati tramite audizione, sto costruendo un vocabolario comune che possa essere trasmesso a tutti in maniera democratica. L’intero progetto, ispirato da scritti di filosofia e sociologia, si riferisce proprio a come si declina il pensiero sul corpo. E secondo me non possiamo essere soltanto noi professionisti a declinarlo, l’incontro con l’altro è necessario per la riuscita. Scambiando opinioni e dividendo la scena con gli amatori, mi arricchisco come coreografa e sviluppo la mia metodologia personale.

Pensando all’imminente presentazione di “Zoé. Appunti sulla Nuda Vita” e anche ai suoi primi assoli, “Kokoro” (2016) e “Twin” (2018), si caratterizzano per il riferimento e l’utilizzo del nudo in scena. Per lei il nudo è un costume teatrale?

La ricerca sul nudo nasce da una mia esigenza creativa profonda che non so spiegare. Il nudo è una condizione di pura esposizione del corpo le cui posture suggeriscono tanti racconti diversi. Sperimentando mi sono resa conto che le possibilità del corpo sono infinite e io voglio esplorarle tutte. Sto studiando tutte le declinazioni che il corpo ha dentro di sé, anche in riferimento alla sua stessa riappropriazione. Il corpo nudo può trasformarsi ed è questo che mi affascina. La continua possibilità di metamorfosi, come un paesaggio multiforme che indica un percorso vastissimo da esplorare.

In riferimento all’arte della danza, la sua Genealogia sin dove arriva?

Lavoro molto sugli scritti e ricercando immagini, quindi di sicuro la fotografia e la pittura costituiscono per me dei riferimenti fondamentali, così come l’immaginario legato alla storia del corpo. Rifletto sulla storia della danza, custodisco e rielaboro tutte le informazioni che il mio corpo ha ricevuto, quello che ho visto, frutto di un percorso chiaramente storico, ma non posso dire di ispirarmi a dei coreografi in particolare. In precedenza ho avuto la possibilità di incrociare la figura di Isadora Duncan per un tributo che mi è stato commissionato dal Ravello Festival 2018, Natural Gravitation, e ho trovato grande affinità con la sua visione. Sul versante più contemporaneo ammiro Marina Abramović per la capacità di rendere presente il corpo e Dimitris Papaioannou per l’abilità con cui crea immagini visionarie. Ho lavorato con Virgilio Sieni ed è stato un incontro molto prezioso. Sono grata a lui sia come interprete sia come autrice per il sostegno che continua a dare al mio lavoro. Sieni mi ha dato una metodologia e se oggi lavoro con i cittadini è grazie a lui. Mi ha fatto scoprire questa meraviglia dandomi la possibilità di osservare da vicino il suo lavoro e invitandomi per ben due volte a lavorare in prima persona con gli amatori a Firenze. Da lì ho capito che volevo percorrere questa strada dialogando con loro.

Luna Cenere . Genealogia - Zoe ph Estevan Reider Vantees
luglio/agosto 2019 n.287 Danza&Danza Magazine

Carmelo Zapparrata

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