TeatroeCriticaLab | Kokoro. Un abbraccio tra Apollo e Dioniso

febbraio 2020 – TeatroeCritica Lab
Alessandra Bracciali
tetaroecriticalab.wordpress.com
Si dice che, per nascondere qualcosa, questa vada messa in bella vista: essere continuamente a contatto con un determinato oggetto in un ambiente conosciuto fa sì che ci si abitui alla sua presenza, senza pensarlo come degno di attenzione proprio perché non in grado di disturbare l’ordine naturale delle cose. Al contrario, la messa in risalto di un qualsiasi aspetto della vita può avvenire solo traslandolo da un ambito che gli è proprio a uno inusuale. Prendiamo ad esempio un corpo umano: nessuno si scandalizza a pensarlo nudo sotto la doccia. Portatelo invece a teatro: un corpo di donna, per la precisione quello di Luna Cenere, danzatrice italiana classe 1990.
È sul palcoscenico del Teatro Mecenate di Arezzo, spazio neutro reso accogliente dalle tonalità calde delle luci, che Cenere ha portato in scena la short version di Kokoro, di cui è sia coreografa che interprete. Kokoro in giapponese significa sia “mente” che “cuore”: due concetti che per molte culture rappresentano aspetti della natura umana nettamente distinti. Friedrich Nietzsche, nel diciannovesimo secolo, formulò la celebre distinzione tra spirito apollineo e dionisiaco, mutuandola dalla cultura greca classica, e contrapponendo così la razionalità e l’armonia del cosmo con le passioni più violente e il disordine della materia destinata a una perenne trasformazione. Al contrario, nella lingua giapponese “mente” e “cuore” si fondono, come a voler suggerire un’antica armonia dell’essere umano in relazione allo spazio in cui vive. In questo senso Kokoro è un ritorno alle origini, una riappropriazione dell’esistenza e un modo per affermare la propria presenza: e Luna Cenere incanala questa presenza nel proprio corpo nudo, esile e tonico, che il pubblico osserva solamente di spalle e sempre disteso sul pavimento. I suoi movimenti sono sorretti da un sottofondo musicale che ricorda un coro di carillons, ora dolce e avvolgente, ora ossessivo e penetrante. La partitura gestuale abbraccia l’essenza più completa del termine kokoro: un momento il corpo si fa architettura, con gli arti superiori e inferiori che costruiscono forme simmetriche con placida metodicità, rispecchiando appunto la razionalità dello spirito apollineo; in un momento successivo le membra di Luna, distese mentre danno le spalle al pubblico, vengono abbracciate dalle sue stesse mani che rivelano tutta la sensualità – mai volgare – della figura umana, questa volta immagine dal dionisiaco.
Lo spettacolo trasmette una particolare sensazione fisica allo spettatore: chi lascia la sala sente veramente di avere un corpo che lo sostiene con ogni cellula che vibra per essere percepita, insieme a una mente attenta ai più piccoli cambiamenti d’energia che avvengono intorno a sé. Cenere riporta a sé stesso lo spettatore, in particolare quello imprigionato nello stress quotidiano di una vita non vissuta con pienezza e quindi non amata. Il corpo umano, elemento che viene dato spesso per scontato, grazie a Luna Cenere torna a essere motore di scoperta della bellezza della vita. L’abilità della performer è quella di non lasciare nulla di non detto e di essere interprete di un’opera in cui apollineo e dionisiaco si incontrano amalgamandosi in un’opera che colpisce con grande forza la mente e il cuore dello spettatore.
Teatro Mecenate, Arezzo – febbraio 2020
Questo contenuto è da considerarsi come esercitazione su materiali di lavoro. Frutto del laboratorio di critica teatrale condotto da Maddalena Giovannelli e Alessandro Iachino, per Stratagemmi e Teatro e Critica, in occasione di Invito di Sosta 2019, rassegna curata dall’Associazione Sosta Palmizi.